sabato 3 ottobre 2015

Dei ragazzi della scuola e dell'amore - quarta puntata

Prosegue il racconto

Quarta puntata

Cap. 2 La furbata

L’estate era inoltrata e si avvicinavano le scuole. Riccardo aveva ricevuto in dono per il suo compleanno un ciclomotore fiammante, e voleva farlo vedere agli amici. Così un pomeriggio di settembre alcuni di loro, che erano a casa di Riccardo, scesero con lui nel garage. Ammirarono il veicolo in ogni particolare, lo accesero più volte, ci fecero dei giri. Aveva un colore grigio metallizzato, con rifiniture che davano sul violaceo, e nel complesso faceva la sua bella figura. Per i ragazzi era quasi un oggetto di culto. Era tra i primi della cerchia di amici ad averne uno, e passarono più di un paio d’ore al suo cospetto, quasi fosse un miracolo. Poi qualcuno di loro notò un uomo vestito da cameriere che, sceso poco prima nei garage, aveva frettolosamente lasciato aperto quello di fronte a Riccardo. Fu un attimo!

I ragazzi si riversarono dentro incuriositi. E non trovarono quello che di solito è riposto in simili locali. Trovarono scaffali e scaffali di caramelle, noccioline, cioccolate in polvere e bibite. Di tutti i tipi. Le mani andavano così veloci che in poco tempo arraffarono il possibile, ma durò pochissimo. Il rumore di una macchina li fece fuggire con addosso chili di chewing gum e di adrenalina.

Ma l’idea ormai li ossessionava: come tornare a mettere le mani su quel bottino. Fecero decine di proposte l’un l’altro, prontamente accettate e subito scartate a favore dell’idea successiva. Alla fine prevalse lo scoraggiamento. Il colpo di fortuna c’era stato e non erano riusciti a sfruttarlo appieno.

Così, con la scusa del motorino di Riccardo andarono per un pò di giorni nel garage, sperando che si ripresentasse l’occasione. In effetti il cameriere tornò ogni tanto ma, quelle volt, non lasciò il garage aperto: probabilmente s'era accorto dell'ammanco.

Nonostante ciò, la fortuna li baciò ancora, accadde di nuovo: per la fretta o per distrazione l’uomo lasciò socchiuso il locale adibito a deposito. Questa volta, però, erano organizzati.

- Alla porta Luigi, pronto a fare il segnale! - Disse Riccardo.

Gli altri entrarono come un ciclone nel golfo marino, buttandosi sulle scorte.

- Non così ragazzi, non facciamo casino e non buttiamo tutto all’aria. Portiamo via solo scatole chiuse e alcuni pezzi delle scatole già aperte, in modo che non appaia subito che c’è stato un furto. È inutile allarmare il cameriere. - Propose Romoaldo.

Ovviamente nessuno ascoltò: troppa foga! Troppa paura. Finché Riccardo disse che Romo aveva ragione e rimisero un pò in ordine, prendendo una gran quantità di merci e nascondendola nel garage di Riccardo.

- Ora dobbiamo trovare un nascondiglio sicuro. - Disse Luigi.

- Ci sono quelle case abbandonate in centro, vicino al calzificio; lì, nelle cantine, possiamo nascondere tutto: è buio pesto e nessuno vi scende mai. - Nessuno obiettò, e ascoltarono le parole di Sergio.

Erano fieri della loro furbata. Con essa si erano riempiti le tasche di noccioline salate, caramelle, snack e quant'altro: e le ostentavano a tutti gli amici, finché il giorno successivo il fratello maggiore di Sergio, notate le quantità di prelibatezze ingurgitate dal fratello, lo fece parlare.

E la vanità aprì bocca! Si inventò una eroica scoperta, dei pericoli esagerati, una fuga quasi da agente segreto e confermò che lui e i suoi amici avevano messo le mani su una quantità enorme di dolciumi. Fino a qui il racconto avvenne pacificamente. Quando gli chiesero di rivelare il luogo del nascondiglio, il fratello e gli amici più grandi tirarono fuori la cattiveria del più forte e, a ritmo di schiaffoni, si fecero condurre a fare man bassa a loro volta, a spese dei ragazzi più piccoli che avevano rischiato.

Sergio non ebbe il coraggio di dirlo agli amici, che lo scoprirono non appena provarono a rifornirsi nuovamente alla cantina della vecchia casa semidiroccata.

La loro gloria terminò così! Ma nessuno degli amici se la prese eccessivamente con Sergio, sapevano che cadere nelle mani dei “più grandi” era dura e cercarono di tornare nel nascondiglio a recuperare quel poco che era rimasto. Briciole.

Mentre tornarono nella loro zona, la 167, Romoaldo vide Mara.

- Ciao ragazzi, a dopo. - Disse salutando frettolosamente.

Capirono subito, appena videro dove era diretto, e proseguirono diritto. Anche Mara per la verità tirò diritto e non gli rivolse la parola, tanto più che era in compagnia di altre ragazze e continuò a conversare con loro come se Romoaldo non esistesse affatto. Solo uno sguardo, come per caso, durante la conversazione animata con le amiche. Neanche un saluto!

A Romo si gelò il sangue. La guardò passo passo finché s'allontanò.

- L’ha fatto apposta - pensò - possibile che non mi abbia visto?

Incredibile quanto l’indifferenza altrui possa uccidere, e nel contempo fortifichi l’autostima di chi la somministra. Raggiunse di nuovo i suoi amici e si consolò in un mutismo sordo, mentre gli altri, cresciuta la rabbia, covavano voglia di vendetta. Di Di quell'intento Luigi il era più deciso:

- Li becchiamo uno a uno, da soli, e li massacriamo di schiaffoni!

- Sì, poi ci cercano uno a uno e ci finiscono a sberle, che idea del menga. - Ribatté qualcuno.

E continuarono così fino all’ora di cena. Alla fine decisero di andare l’indomani a chiedere almeno una parte del bottino, visto che quel ben di cuccagna l’avevano procurato loro.

La sera si ritrovarono alla piazzetta del gelataio ancora un pò rabbiosi, ma alla fine passarono il tempo allegramente tra gavettoni e risate. Così anche Romo.

Il giorno dopo l’incontro con il fratello di Sergio e gli altri grandi:

- Volete parte della merce? E chi se ne frega! - rispose il fratello di Sergio - Ve ne andarvene da soli o vi accompagnamo a calcioni, mezze cartucce?

Questa fu in sintesi la risposta alla richiesta di avere parte della refurtiva.

- E poi abbiamo già divorato tutto, è rimasto poco. - Quidni se ne andarono ridendo e canzonandoli.

Niente da fare! Occorreva rassegnarsi. Si rischiava che dallo scherzo si passasse alle mani. Quello dunque fu un discorso chiuso.

Si avvicinavano i giorni della scuola, la seconda superiore per Romoaldo e i suoi amici. Dopo qualche giorno il poeta chiese a Gianni di accompagnarlo con il motorino a casa di Mara.

- Non posso, sono con Martina.

Allora chiese a Riccardo.

- Non ho i soldi della benzina, e sono in riserva.

Non chiese più! Capì che non volevano aiutarlo. Ci rimase di sasso, ma ci passò sopra: comunque era deciso a incontrare Mara, per parlarle e spiegarsi. Andò in classe sua, era il primo giorno di lezione. La scusa era il prof di matematica che avevano in comune e i compiti delle vacanze, gli “obiettivi” come li chiamavano i prof.

Le si avvicinò camminando lentamente, con calma, tenendo i libri in mano e con altrettanta pacatezza le rivolse la parola.

- Ciao Mara.

- Ah, ciao Romo. - Rispose accennando ad andarsene.

- Hai trovato le soluzioni alle espressioni che ci ha dato per le vacanze il prof? Ho saputo che ha assegnato le stesse a tutte le sue future seconde. Io di una ho un dubbio su un passaggio … avrebbe fatto meglio a darci il risultato il prof, così eravamo sicuri del lavoro.

- Ma lo fa apposta, vuole che ragioniamo. Che dubbio hai? - Rispose con fare un pò paternalistico.

Riuscì a farla parlare, e soprattutto a farla parlare con lui. Il volto era serio e concentrato ma il cuore gridava, gridava tra colori brillanti del cielo settembrino che gli dipinsero l’anima. Gli occhi fissavano il quaderno aperto, ma vedevano solo il viso di lei, immaginandolo sorridente e sereno.

Poi tutto finì ... non tutto, veramente: si erano dati appuntamento per ripassare con altri compagni a casa di Romoaldo, nel pomeriggio. Arrivò poco prima dell’ora stabilita per il ripasso una telefonata da Mara:

- Gli altri non … vengono, vogliono fare un giro in piazzetta e io vado con loro, facciamo un’altra volta per il ripasso, Romo?

Pochi secondi per pensare, le idee sorgevano a metà scontrandosi tra loro e nessuna gli rimase in testa. Accennò solo due parole:

No … aspetta….

Un attimo di silenzio: temeva avesse già messo giù e che in realtà gli amici, la piazzetta, fossero soltanto una scusa per liberarsi di lui. Odiò quel silenzio interminabile.

- Sono qui, dimmi ... Romo?

- Ecco, contavo di andarci anche io in piazzetta, in effetti è una bella giornata e me la voglio godere, vengo con voi!

- Bene … ci vediamo lì allora. - Disse con tono frettoloso.

- Sì, - rispose con calma Romo. - Ma io vorrei parlarti, sai vorrei spiegare quello che hai sentito da Andrea. Io non ho preso un soldo. - Disse concitato. - Mi hanno costretto, lo hanno voluto loro e mi ha anche beccato il prof, che stupido sono.

- Si ho capito, ieri a scuola ho incontrato Gianni e Martina e me lo hanno detto!

Continuarono così per qualche minuto e dopo una mezz'oretta si ritrovarono in piazzetta con gli amici.

- Non so perché ti parlo Romo, devi proprio piacermi se ci vediamo dopo quello che ho saputo di te, dei bigliettini a scuola intendo. - Quelle semplici parole dette col sorriso gli fecero sussultare il cuore.

Romo non rispose in merito ai bigliettini:

- Allora ti piaccio ... e parecchio forse. Meno male; vivo anch'io se la luce dei tuoi occhi si posa su di me.

- Dai Romo, sei sempre pronto a portare il discorso dove vuoi tu.

- Tu sei il mio discorso, il mio intelletto e il mio cuore.

- Se sono quello che hai detto vuol dire che ti piaccio anche io, allora.

- Sì Mara, mi piaci; mi piace ogni cosa di te, tutto ciò che sei.

- Tutto? … - e scherzando gli mostrò le mani – ti piacciono?

Le raggiunse con un tocco che appena le sfiorò.

- Ad esempio le mani. Sono amicizia e amore, delicatezza e forza. Esse possono amare o odiare, sono dolci al tocco e abili nell’arte, sanno trasmettere un caldo abbraccio al cuore. A volte si congiungono al cielo, non in preghiera, esse sono preghiera. A volte assumono forma di petali, delicate e profumate aurore di bellezza. E io … le tocco, come dono insperato e ne bacio il palmo come fosse una piccola volta del cielo. Se le piccole mani fanno tutto ciò, profondità e ampiezza, cosa riserva il firmamento a noi mortali?

Ma si udì un urlo. - Ragazzi chi vuole un gelato? Hanno sbagliato gusto e a me non piace l’amarena. - Interruppe Riccardo mentre usciva dalla gelateria.

Faceva veramente caldo e quel cono gelato era invitante. Cominciava a grondare ai lati di panna fresca e gocciole di amarena.

- Lo vuoi Mara?

- Sì, grazie.

- Dai qua Riccardo, lo prendiamo noi.

- Ah ah ah lo prendiamo noi … noi noi noi …

Riccardo cominciò a girovoltare andando verso i due innamorati, canticchiando con un tono scherzoso. I due ragazzi erano amici davvero e Riccardo voleva prenderlo in giro facendo volteggiare il gelato.

- Si scioglie e poi te lo mangi tu, Ricky! - apostrofò l'amico che si attardava.

- Ok Romo eccoti il gelato… - Con un gesto repentino fece finta di inciampare, ma il cono cadde davvero sui piedi di Romo.

- Adesso sei contento! Vado a prenderne un altro. - disse furioso Romoaldo.

Riccardo andò via ridendo, corse verso gli amici. Il gelato rimase a terra e il nostro amico si alzò per andare in gelateria.

- Non fa niente Romo, stai qui, parliamo …

E nel primo giorno di scuola, passò il pomeriggio con lei.

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