mercoledì 22 maggio 2013

L'amore alla fermata del treno


Era un freddo mattino di marzo, nel lungo inverno 1916. Tonio corse a casa di Giulia, in mano aveva un foglio arrivato da poco: la chiamata alle armi. Bussò alla porta di lei.
Giulia uscì, dal suo amore. La pelle olivastra, di sole marino, gli occhi di un azzurro profondo, raro da quelle parti, che sbocciavano tra i floridi ricci castani, i quali si aprivano su un viso leggero nei tratti e rotondo d'amore.
<<Partirò domattina, alle sette.>> Disse sconsolato.
<<Quando è arrivata?>> Chiese con occhi sgranati.
<<Poco fa, amore mio.>>
Rintoccavano le campane di mezzogiorno quando Giulia lesse quelle parole. Le immagini si confusero nella sua mente; il suo amore, il distacco, il dolore. Respirava a fatica. Si appoggiò allo stipite della porta, appena socchiusa e strinse le labbra.
<<Dovrò prepararmi per la partenza - riprese il ragazzo - ho poco tempo.>>
<<Mio Dio, oggi e domani ancora e poi chissà quando potrò rivederti ... si sa quando tornerai?>>
<<Sto pensando che morirò, Giulia - rispose - ci pensi se morirò senza mai più vederti?>>
Lui era il tipo di ragazzo che ama davvero, con passione e trasporto. Di quelli che hanno occhi per lei soltanto e hanno un dono speciale: nei gesti e nelle parole.
<<Devi tornare, devi avere cura di te, della tua vita – riprese lei con un breve sorriso - devi farlo per te … e anche per noi. Ti aspetterò, e sarà difficile …>> sussurrò col cuore che batteva a mille, piangendo quel tanto che non riusciva a trattenere.
<<Hai ragione, anche se domani, lasciandoti, non vivrò comunque.>> Poi mise in tasca il foglio e le prese le mani. Le carezzò i capelli sfiorandoli con lo sguardo. Le disse:
<<Sarò sincero con te, amore. Mi hanno detto che pochi riescono a tornare da quei campi … ed è tutto così assurdo se ci pensi. Così, è da un pò che te lo volevo dire … io vorrei chiederti - poi la guardò negli occhi - ...prima di morire, capisci?>>
Lei non intese cosa avesse da dire il ragazzo. Disse si, senza pensare a nient'altro che al suo amore, senza distogliere lo sguardo dalle sue labbra che, al suo si, smisero di parlare.
Tonio la baciò e le chiese di seguirlo in giardino, dove poteva parlare tranquillamente. L'ombra degli aranci gli nascose il rossore, e la abbracciò come mai aveva fatto.
<<È da tanto che ci penso, come ti ho detto …>>
<<A cosa pensi, Tonio?>>
<<Che, insomma, ti desidero. La tua pelle, il tuo respiro, il tuo seno … non posso morire ancora ragazzo, capisci? Ti desidero e voglio amarti per sempre e di più.>>
<<Sei pazzo? - disse lasciando le sue mani - E come potrei? Allora non mi ami … meschino e bugiardo! Mi hai promesso amore eterno e mi chiedi di sporcarmi con un atto che nulla significa, se non la lussuria che porta al peccato.>>
<<È davvero peccato amare? Dimmi.>>
<<Se è solo per un tuo capriccio è peccato! E io dovrei lasciarti calpestare la gioia di donarmi per amore, di dare il piacere che nascondo al mondo intero: come se tu fossi un ladro? Non ti basta sapere che ti amo? Questo non ti sazia?>>
<<E come chiami il mio desiderio se non amore? Io impazzisco se penso che un'altro ti avrà se non tornerò, capisci?>>
<<Nessuno mi avrà. O te o nessuno!>>
<<Ma non sarà così, la vita cambia le cose.>>
<<No! Non c'è spirito in un gesto di sola carne e contro il tempo, non c'è grazia o sentimento; soltanto alcuni attimi di piacere, che svilirebbero l'idea che hai di me.>>
Le prese la mano, la accolse tra le sue e la guardò ancora:
<<Non c'è spirito nei nostri corpi? Non c'è preghiera? Ma essi sono il frutto dello Spirito di Dio. Non vedi quanta grazia, sulla tua bocca, e quanta dolcezza ti modella il viso? Non senti che la delicatezza della tua pelle riveste, delicata, i sensi della tua anima, che altro non è che spirito? Non c'è un giardino intero al di là dei tuoi seni? Ecco, tutto questo cerca disperatamente il cuore mio, che è carne, ma vive soltanto del tuo spirito.>>
<<Ma siamo solo dei ragazzi, non puoi chiedermi questo!>>
<<Sono un uomo! Non ricordi che vado alla guerra?>>
<<Siamo troppo giovani per fare quello che chiedi, e non siamo sposati; il prete non ha benedetto le nostre promesse davanti al Dio dell'amore.>>
<<Se non posso amare, nemmeno posso morire! Eppure questo vado a fare: uccidere o morire! Hanno età questi destini? O togliere la vita è meno che amare?
Io non l'ho chiesto a chi non amo, e non ho inteso appagare il mio piacere; ma ho chiesto a te, che sei colei che muove il mio respiro, che mi dà vita e induce il cuore mio a pulsare.>>
<<Amare non è più che morire … hai ragione>> e lo baciò appena, stringendogli il viso tra le mani.
<<Morire senza averti amata è come uccidermi due volte, comprendi?>>
Ma, d'un tratto, la madre reclamò la presenza della figlia, ad alta voce, in modo che i vicini, che li avevano visti andare in giardino, non avessero dubbi sul fatto che era passato ben poco tempo da allora. Giulia andò, di fretta, ubbidì senza tergiversare. Lui salutò la madre con rispetto, davanti alla casa, e camminò all'indietro, goffamente, per non perdere neanche un attimo della vista di lei. Le due donne fecero pochi passi verso l'ingresso, quando lui, tornato indietro, disse:
<<Signora!>>
La donna si girò e lo guardò senza fiatare, accigliando la faccia per la scortesia di quelle parole rivoltegli alle spalle.
<<Perdonatemi, ho da farvi vedere una cosa!>> E le mostrò il foglio della chiamata.
<<E io che ci devo fare con questo – rispose la madre – ci devo andare io al posto tuo?>>
<<Ancora vi chiedo scusa. Oggi forse vedrò vostra figlia per l'ultima volta.>>
<<Allora?>>
<<Volevo chiedervi una cortesia. Io amo vostra figlia, e voglio sposarla.>>
<<Quando torni da soldato se ne parla, e poi con mio marito devi dire queste cose.>> Replicò.
<<Ecco … appunto … vostro marito. Signora volevo chiedervi se posso avere il permesso di … fare una passeggiata con Giulia, prima della partenza. Magari questo pomeriggio. Volevo dirvi che andrei a chiedere il permesso a vostro marito, al campo.>>
<<Cosa? Quello ti ammazza, subito, come ti presenti.>>
<<Signora, io non mi muovo di qui se non acconsentite alla mia richiesta. Tanto se devo morire combattendo, morirò amando, per mano di vostro marito.>>
<<Ma vuoi farmi impazzire questa mattina?>>
A quelle parole Giulia uscì dalla porta e prese per mano Tonio. Allora la madre fece per rientrare:
<<Trovati qui alle tre, dopo pranzo. Parlerò io a mio marito.>>
Le tre arrivarono, dopo un secolo e cinquanta secondi. I due ragazzi stettero in giardino, con il consenso dei genitori di lei che, in fondo, conoscevano bene Tonio: lo avevano visto crescere.
<<Posso stare solo pochi minuti e poi devo tornare dentro.>>
<<Basteranno.>>
<<Per cosa?>>
<<Ho ripensato a quello che ti ho chiesto, e ti domando scusa.>>
<<Davvero?>>
<<Si. Non avevo il diritto di … chiedertelo. E poi hai ragione tu, sarebbe stato come svilire quello che c'è stato tra noi.>>
<<C'è stato? … da sempre sei quello che mi capisce, più di ogni altro, Tonio. Ma anche io ho riflettuto. Non hai tutti i torti. Non tutto ciò che mi hai detto è sbagliato.
Tu mi ami davvero, e per questo mi hai chiesto di fare l'amore con te. E penso che sarebbe stato bellissimo. Ma io ancora non me la sento. Non lo farei spontaneamente, ma solo per accontentarti. Ti amo, e ti accontenterei; ma lo farei forzatamente, e questo in fondo non sarebbe donare.>>
<<Ti ho messo in una situazione difficile. Scusami Giulia. Ho scaricato su di te le mie paure... >> e la baciò candidamente, sulla guancia.
Assaporò la sua devozione, e morì mille volte in quel momento. Lei era seduta di fronte a lui e lo guardava fisso negli occhi. Era una dea. Ombre e luce giocavano sul suo corpo, lo vestivano, lo coprivano, scivolavano sulle sue curve, risaltandone la delicata bellezza.
Lei lo toccò con la mano e si avvicinò, lo baciò sulla bocca questa volta, labbra su labbra. Scese una lacrima dall'azzurro dei suoi occhi e andò via.
Non lo rivide mai più.
Il mattino seguente alla stazione, la folla abbracciava le reclute; stringeva la loro ansia e il loro amore per la vita. Con Tonio sua madre e suo padre, e tutti coloro che gli volevano bene.
Il rumore del treno entrava nella carne, facendosi spazio nei loro pensieri. L'odore di ferro e carbone anneriva la mente del giovane, che ancora cercava, cercava. Di lei non poté più ricordare nemmeno il profumo.
Il ragazzo andò alla frontiera, in un piccolo mattino d'inverno, lasciando il suo amore ad attendere, lì, alla fermata del treno.

4 commenti:

  1. La guerra l'ho sentita solo raccontare da mia nonna, racconti duri, i tedeschi che sono arrivati in cascina e volevano abusare delle donne sole visto che gli uomini erano al fronte. Mio bisnonno picchiato, e non ti dico cosa hanno fatto oltre, solo perchè aveva le tende di colore rosso alla finestra....guarda mi viene il magone solo a pensarci....

    Che angoscia....

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    1. Grazie Artù. In effetti gli orrori della guerra son indescrivibili.
      Buona domenica.

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  2. Un bellissimo racconto, con un finale molto triste ma la guerra è così, priva tutti di qualcosa o qualcuno..Però è anche una stupenda storia d'amore che non conoscerà mai fine! La mia di nonna, oltre a raccontarmi delle grandi guerre, mi ripeteva all'infinito: la cosa più importante in una coppia è il rispetto, se non c'è quello non si va avanti..Ciao e buona domenica

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    1. Grazie Ornella. Tua nonna aveva pienamente ragione, oggi si pensa a rispettare soltanto l'immagine, l'aspetto, ma assai poco l'anima.
      Buona domenica.

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