sabato 7 novembre 2015

Dei ragazzi della scuola e dell'amore - nona puntata

Ci avviciniamo alla fine di quest'avventura dei nostri ragazzi

NONA PUNTATA

Cap. 6 Il brivido sulla tua pelle

Venne il tempo dei preparativi natalizi. Ognuno fu preso dalla “febbre” dei regali.

Si progettavano cene, si prenotavano viaggi. Come ogni anno in oratorio si pensò di adornare le stanze e la cappella maggiore. I Confratelli pensarono ad organizzare per le festività dei gazebo in piazza Maggiolini. Le idee fioccavano, ma Guido e Fabrizio parevano particolarmente ispirati e coinvolsero Romoaldo. Don Vittorio nell'omelia domenicale focalizzò l’attenzione sulla necessità di sentire dentro di sé la nascita del Cristo e pose l’accento sui valori che ognuno doveva coltivare nel cuore; il natale “non è solo espressioni esteriori di gioia, sebbene queste siano corrette”, concluse.

I ragazzi a modo loro sentivano le festività: assenza di scuola, mattinate a dormire dopo le ore piccole, e giornate intere all’aperto con gli amici, nonostante il freddo. Romoaldo era impegnato coi preparativi dei Confratelli. Gli amici, invece, scorrazzavano per la cittadina. Ma anche lui, finiti gli impegni all’oratorio, si univa volentieri a loro. In questo periodo gli studi andavano a rilento, ma era comprensibile.

La mattina di S. Stefano Gianni telefonò a Martina. Era presto e lei rispose a fatica.

- Non ho dormito tutta la notte. - Disse con voce turbata.

- Cosa è successo?

- I miei sono usciti, vieni qui, voglio farti leggere una lettera.

- Sto andando da Isabella, la mia amica. Ci possiamo vedere alle undici?

- Non ho dormito tutta la notte, Martina, ho ricevuto una notizia che mi fa stare male.

- Va bene, Gianni, dammi il tempo di arrivare da te.

Martina corse con lo scooter. Tagliò qualche stop, arrivò in un attimo.

- Cosa è successo? - Aveva gli occhi sbarrati.

- Guarda, leggila, prima che arrivino i miei.

- Dove sono andati? - Gli chiese prendendo in mano una lettera.

- A fare spese, o almeno così mi hanno detto.

Lesse attentamente le prime righe, poi disse di botto:

- Ma i tuoi divorziano! Ma perché? Non ne sapevi niente? - Lo riempì di tutte domande che le uscirono a raffica, senza ascoltare la risposta che aveva cominciato a darle Gianni, il quale ripeté, una volta calmata:

- Sì, a quanto pare divorziano. Deve essere la lettera che l’avvocato di mamma ha mandato a mio padre.

- Come l’hai avuta?

- Cercavo il portafogli di mio padre. Quando ho bisogno di soldi lo faccio, poi glielo dico.

- Non ne sapevi niente, vero?

- No. - E ci fu un sordo guardare, un brivido; un accecante dir nulla. Entrarono in camera, riposero la lettera nel cassetto, tra i documenti dove l'aveva trovata il giorno prima Gianni, tra le camice di raso del padre e le cravatte mai usate negli ultimi anni.

- Ma dalla lettera pare che tua madre dia la colpa a tuo padre di aver fatto qualcosa.

- Era nel comodino di mio padre. Lui sa, dunque, l’ha ricevuta. Saprà anche cosa ha fatto, è un grande …

Non finì la frase, un singhiozzo di emozioni gli bloccò la voce. Martina lo abbracciò e gli carezzò il viso teneramente.

- Cosa faccio ora? Dico che lo so? Faccio finta di niente? E dove saranno andati i miei? Non capisco più niente.

- Ascolta … - disse la ragazza - … telefona ai tuoi per avvisarli che vieni a casa mia, mangia da me oggi ... così avremo il tempo di pensarci su.

E così fecero. Non dissero nulla agli altri amici, Gianni non se la sentiva di sopportare la sequela di domande e di suggerimenti che ne sarebbero scaturiti.

Il pomeriggio i due passarono al baretto, fecero in tempo a sentire la discussione già in corso:

- Mi sono rotto, lo studio non fa per me … così come vi ho detto a gennaio mi ritiro, ho già un posto all’agenzia immobiliare di mio zio, quella vicino al comune. - Disse Diego risoluto.

- Ma fai bene. - Ribatté Luigi. - Io non posso, i miei mi ammazzerebbero, ma mi sono stufato. È dura studiare sempre, gli ho proposto di cambiare indirizzo di studi … niente da fare … allora m'impegno giusto il poco per sopravvivere.

- Pare proprio che non ci capiscono. - Anche Riccardo aggiunse lamentele su lamentele.

- Sempre i soliti discorsi su quanto è difficile guadagnarsi da vivere … ma cavolo e i nostri problemi?

- Ma cosa farai Diego? - Chiese Gianni. - Non ho sentito, sono arrivato adesso.

- Agente immobiliare con mio zio Cesare. È uno a posto, ci puoi parlare, capisce i giovani. M'ha detto che m'insegna tutto lui, l’agenzia è sua.

- Ma tu sei matto.- Interruppe Mara. - Ma non puoi fare entrambe le cose? Se ti piace andare a lavorare con tuo zio ci vai nel pomeriggio.

- Sì, e quando mi diverto?

- Ma se lui non fa un bel niente tutto il giorno, te lo vedi ad impegnarsi a scuola e in più al lavoro? Ah ah ah … - Rise di gusto Luigi.

- Ma piantala imbecille!

- Dai un pò è vero. - Rise di gusto Sergio. - Non hai voglia di fare un bel niente.

E la conversazione continuò su questi toni. Gianni comunque ne trasse beneficio perché almeno s'era distratto dal pensiero dei suoi, finché ricevette una telefonata dalla madre che gli chiese di tornare a cena.

Rispose poche parole e con distacco.

In casa non disse niente della lettera. Decise così, forse perché c’era spazio per un chiarimento, per una riappacificazione, e attese gli eventi. Ma una cosa lo turbava fino nel fondo dell’anima. Qualunque fosse la causa, di chiunque fosse la colpa, l’amore per un figlio non era sufficiente a superarla? Non riuscivano a perdonare? Cominciò a detestare i suoi genitori, cambiò atteggiamento con loro, divenne indisponente e tagliente. La cosa che maggiormente lo colpì fu che loro a questi cambiamenti non ci fecero caso; erano troppo presi ad ascoltare il loro dolore e a odiarsi l’un l’altra. Quelli erano giorni bui.

Passò pian piano l’inverno. Tra proponimenti di studi, nuove sfide per il lavoro, e pensieri indifferenti verso i genitori. Cominciarono le severe battute d’arresto nei rendimenti scolastici, cominciarono compiti in classe e, insieme all'ultima neve, fioccavano anche voti mediocri, bassi: per alcuni molto bassi.

Pareva che i prof fossero diventati più severi, o gli argomenti più difficili. Chissà forse la vita al di fuori della scuola distraeva facilmente i giovani di quell’età, e il calo dei voti serviva proprio a rimetterli in carreggiata. Il fatto è che agli studenti provocarono soltanto rabbia e frustrazione.

Diego pareva andare a gonfie vele all’agenzia dello zio. Aveva assunto l’aria di un esperto venditore incravattato, ma aveva molto da imparare su proprietà, diritti reali o personali e sul modo di trattare con i clienti; lo zio dovette avere molta pazienza con lui.

Sergio passava i pomeriggi al baretto o a scorazzare col ciclomotore. Aveva talento per il calcio giocato ma non si era mai impegnato in qualcosa che non fosse obbligatorio: calcio o altri sport. Era un appassionato, però, e compilava schedine su schedine tra totocalcio e superenalotto, a ritmi ossessionanti. Spesso coinvolgeva gli amici convincendoli con elaborati sistemi di sua invenzione.

Luigi era ormai guarito e alla fine dell’inverno aveva ripreso a pieno ritmo le attività. Era un patito di motori, non si perdeva in televisione una prova o una gara di qualsiasi cosa avesse a che fare coi pistoni. Il box di casa sua era enorme e il padre gli aveva dato il permesso di attrezzarvi, in fondo al locale, una piccola officina dove passava molto tempo a fare esperimenti e ad elaborare i ciclomotori per gli amici. Isabella si appassionò anch’ella alle gare, frequentandolo. Spesso si chiudevano in casa per ore a vederle. Non litigavano molto, l’unico motivo era l’altra passione di Luigi, la birra. Lei sospettava che fosse passato anche ai goccetti di superalcolici e fu un'aspra battaglia.

Riccardo era il più scanzonato. Il più allegro. Era decisamente un bel ragazzo. Brillante e col grano sempre in tasca. Non aveva una ragazza fissa. Sentì in un film che amarne una sola equivaleva a odiare le altre, allora usava dire, scherzando, che aveva il cuore tenero. Aveva la parlantina sciolta e la risposta pronta. Viveva la vita come sa viverla un simpatico mascalzone: il fatto è che coi suoi 15 anni sapeva farsi voler bene da coloro che conosceva.

Gianni dimenticò la storia dei genitori, o meglio, li ignorò. Loro non gli dissero mai nulla e per questo li detestò ancora di più; pensava volessero tenerlo fuori dalle cose che ritenevano importanti, così creò una sorta di muro, si dedicò alla sua gioventù, alla ragazza e agli amici. A calcio dava il massimo, il campionato andava bene, erano terzi. Non beveva mai troppo, era severo con se stesso se ad una cosa ci teneva. Era forte fisicamente ma, nonostante la stazza, era assai agile. Giravano voci che qualche grosso club poteva interessarsi a lui, visto che si faceva notare a suon di gol; era il capocannoniere alle interregionali. Con Martina alti e bassi, come per la maggior parte dei ragazzi di quell’età. Lei era innamorata della sua personalità di leader. Lui era meno romantico ma ci teneva a lei, più di ogni altra cosa.

Romoaldo era un sognatore, scriveva continuamente racconti, frasi e poesie. Aveva fatto leggere qualcosa soltanto a Mara, che ne fu entusiasta e propose a Don Vittorio di prendere il giovane come collaboratore alla stesura del prossimo testo teatrale.

Don Vittorio dopo aver letto alcuni suoi brani accettò di buon grado, non prima di averlo indottrinato in merito alla linea culturale della parrocchia. In oratorio Romoaldo strinse un’amicizia profonda con Alberto e Sergio, due confratelli molto gentili e profondi. Con loro passava parecchio tempo a chiacchierare durante le attività. Non mancavano tensioni e sgarbatezze, tra volontari; del resto ci sono in ogni luogo frequentato da molte persone, pensava, e occorreva capire con chi avere a che fare. Gli studi andavano bene, sebbene anche lui ebbe alcune difficoltà a tenere il passo. I mesi tra gennaio e marzo possono essere pesanti per chi studia. Ma, tutto sommato, era un buon periodo per lui, ragazzo timido e sensibile. Mara lo adorava, aveva notato il suo sforzo per entrare nel mondo che lei frequentava, e le amicizie che si era fatto; aveva notato che gli piaceva quel mondo.

E così arrivò primavera.

Aprile ha un suono particolare, di neve disciolta, di luce frangente, di verde smeraldo … ha piccole macchie brillanti del sole che muta e soffi di vento umido che attende nei prati. Ha voci di grilli nascosti, di fiori recisi, di tiepidi corsi d’acqua piovana. Ha palpiti forti di giovani amanti, di piccole storie che muovono il cielo, di nuovi sorrisi e baci cercati … d’aprile si veste l’amore.

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