venerdì 25 settembre 2015

Dei ragazzi della scuola e dell'amore - terza puntata

Seguiamo ancora i nostri ragazzi

Terza puntata

Nel momento più buio e triste della vita di questo ingenuo ragazzo un amico, Riccardo, andò a trovarlo a casa sua e raccontò alla madre come Romoaldo si fosse comportato da uomo. Riccardo era suo compagno di classe, e sedeva proprio al banco di fianco al suo. Aveva visto tutto e non gli stava bene che Andrea facesse il furbo. Per gli altri compagni Andrea era un tipo “giusto” che sapeva sfruttare ogni situazione: agli occhi di alcuni però era un insopportabile prepotente. 
Grazie all’intervento di Riccardo la punizione fu ridotta e pian piano Romoaldo tornò ad uscire con gli amici. L’estate era afosa e i ragazzi, quando potevano, passavano intere giornate alla piscina comunale e le serate nella piazzetta, alla gelateria. Fu lì che Romoaldo notò Mara. Forse perché quella sera ci aveva parlato molto, molto volentieri, o perché lei mostrò di gradire la sua compagnia, lui pensò per il resto della serata e della notte ai momenti passati insieme. Lei se n'era andata intorno alle undici perché i genitori le avevano chiesto di rientrare a quell’ora, lui invece a mezzanotte.

Ovviamente gli amici avevano notato l’interesse reciproco. E cominciò lo stillicidio delle battutine che durò per un bel pezzo.

Romoaldo dormì male quella notte. La passò a contare il tempo che mancava alla luce del giorno, svegliandosi continuamente e guardando dalla finestra con la rabbia di chi non vede l’ora che torni il giorno. Senza rendersene conto alla fine si addormentò profondamente. Così come d'incanto la luce tornò e lo accolse nel suo mondo di vita.

Alcuni amici erano già partiti per la villeggiatura, la famiglia di Romoaldo invece dovette fare i conti con il mutuo della casa e la crisi stringente e rinunciò anche ai pochi giorni di mare che solitamente trascorreva in Romagna. Mara, invece, sarebbe partita in aereo il giorno dopo, nel pomeriggio, per l’America, così al mattino, come d’accordo, s'incontrarono alla piazzetta per un saluto, naturalmente contornati da numerosi compagni. Erano le undici quando si videro. Lei era un pò sulle sue, Romoaldo attaccò di nuovo bottone. La piazzetta era piena di alberi e muretti, quasi fosse un parchetto. Vicino, su un lato, c’era la gelateria, e i ragazzi passavano molto tempo ai tavolini del bar, all’ombra di fronde e ombrelloni.

Finché Romoaldo le disse:

- Quando torni?

- Sarà lunga, l’America non l’abbiamo mai vista. Comunque stiamo via tre settimane, saranno intense, pensa a New York , Grand Canyon, Los Angeles e poi anche il nord fino al Canada.

-Farai in tempo a mancarmi mille volte, anche se ti ho appena conosciuta, sai … sono stato bene ieri sera a chiacchierare con te.

- Anch'io. A casa l’ho scritto sul diario. Ho un diario su cui scrivo tutto ciò che mi succede.

- Allora ci sono anche io nel tuo diario. Cosa hai scritto di me?

- Se leggessi ciò che c’è scritto, e se lo leggesse mia madre! Ho anche voluto raccontare tutto ciò che ci siamo detti ieri.

- Io l’ho scritto tutto nel cuore. Sai, io e lui parliamo.

E lei sorridendo lei chiese: - Di cosa?

- Oh di tutto, del tempo, della scuola, ma lui s'annoia ... poi, quando gli parlo di te, allora comincia a battere più forte e non vuole mai che smetta.

- Lei tornò seria - Mi prendi in giro? Ci conosciamo appena.

- Ah, le ragazze, siete tutte così. … Il cuore è istintivo, se tu gli piaci allora gli piaci subito. Lui sente le vibrazioni, le consonanze, le armonie della bellezza e non decide, non ne ha il tempo: ama! Fosse per lui avrei gridato a tutti ieri sera quanto sei bella.

- Ma dai..

- Sì, l’ho dovuto trattenere, già mi suggeriva parole, frasi e sensazioni che mai avevo provato. … in un istante mi è parso di vedere nei tuoi occhi la luce che sorge al mattino … la pace dell’aurora … l’aria frizzante d’aprile; in un istante soltanto ho visto il mondo intero passare nel cuor mio, battito dopo battito.

- Ma sei bravo con le parole. - Disse Mara meravigliata.

- Non io … tu le ispiri al mio cuore chiacchierone.

Si sa, alle ragazze piace piacere, inutile negarlo, ma poche potevano sperare che un ragazzo avesse un tale raffinato trasporto. Ma, ovviamente, la cose belle hanno una fine improvvisa. E la fine questa volta aveva il nome di Andrea. Romoaldo non lo aveva visto arrivare e fu colto alla sprovvista.

Andrea voleva ridicolizzarlo per il mancato lancio del biglietto a scuola:

- Eccolo il fesso che non sa neanche lanciare un bigliettino, ancora un po' e il prof beccava anche me, impedito!

- Piantala Andrea. - Replicò Romoaldo.

- Ti spaccherei la faccia, ma sei tonto! - Ringhiò avvicinandosi.

- Io l’ho pagata per tutti e due, Andrea, e non ho fatto il tuo nome.

Ma l'aggressore si volse ancora più adirato:

- Cavolo stai dicendo? E il mio compito in classe, me lo hai finito tu forse? Fesso, per colpa tua ho latino a settembre. Giuro che me la paghi.

Romoaldo si alzò per evitare che Andrea lo prendesse con la mano destra, e scavalcò il muretto dove era seduto, tenere la distanza non valse a nulla.

- Dove scappi?

Da sottofondo solo un gelido silenzio, interrotto dagli sghignazzi dei ragazzi che vedevano Romoaldo impacciato dalla paura. Andrea era ben più grosso e ben più deciso di Romoaldo; in genere i pavidi evitano di contrastare i più forti, e lì di codardi ce n'erano tanti. Non che Romoaldo fosse un coraggioso, ma Andrea gli stava rovinando l’immagine con Mara, e non ci teneva a passare per codardo: così non indietreggiò più. Mara era terrorizzata, conosceva bene Andrea e lo temeva. Abitavano nella stessa via e più volte aveva assistito o sentito parlare delle sue bravate. Ormai i due ragazzi erano a faccia a faccia:

- Ora tu per punizione sparisci dalla piazzetta per un po', Romo; non ti voglio vedere che mi dai nausea, fila via e non girarti, tonto. - Con tono di disgusto aggiunse, - perché sento odore di melma quando ci sei tu.

Si leggeva il disprezzo nelle parole di Andrea, la voglia di umiliarlo per la sua incapacità, la rabbia di chi pensava di aver subìto un torto. Romoaldo avrebbe fatto una figura meschina ad andarsene, ma non aveva scelta, l’alternativa erano le mani di Andrea.

Però a volte succede! Sul più bello. Quando sei proprio disperato. Qualcuno chissà perché ti tira fuori dalla melma. Vuoi perché chi ti minaccia proprio non gli va, vuoi per esibizionismo, o per qualsiasi altro imprescindibile motivo, ma quando capita tiri un sospiro di sollievo.

- Ciao Romo, problemi? - Era Gianni. Il compagno di classe ormai lo considerava un suo amico, e andò a fianco dei due contendenti come a formare un triangolo, solo che Gianni non guardava Romo, fissava Andrea.

- Sono fatti nostri Gianni, vero Romo?

Gianni era un ragazzo alto, atletico e per niente timoroso, anzi. La sua passione era il calcio, e si era guadagnata molta stima sul campo da gioco. Giocava veramente bene. Però era irascibile e a volte si faceva giustizia da sé, soprattutto quando un avversario lo stendeva per fermarlo sulla fascia. I “gialli” fioccavano in campionato e l’allenatore malsopportava il suo carattere, allora, a volte, lo destinava in tribuna, salvo poi riammetterlo tra i convocati alla partita successiva grazie all’intervento di papà, che era dirigente del commissariato di zona e ci teneva a vedere il figlio in campo.

- I fatti vostri non mi interessano, ma che si aggredisca un mio amico sì. - Poi si rivolse a Romo.

- Ti ha dato i soldi della soffiata o fa il furbo l’amico? -

E chiese ad Andrea con tono deciso - Gli hai dato i suoi soldi?

- Ma quali soldi, sto impedito non sa lanciare neanche un biglietto.

- A me pare che il biglietto sia arrivato fin sotto il tuo banco per cui i soldi se li è meritati: sei stato tu a non raccoglierlo. Tu sei il vero impedito.

- Stanne fuori Gianni, o i soldi te li metto in quel posto.

Allora Gianni allungò le mani sul petto di Andrea, lo fece con calma, come se non si aspettasse alcuna reazione e quasi lo sollevò da terra. Andrea si vide perso. Cambiò espressione e disse:

- Va bene va bene, lascio stare Romo, ma solo perché voglio io. Non ho intenzione di prendermela con te, Gianni … ma quel fesso deve starmi lontano se no gli spezzo le gambe.

- Non penso che Romo muoia dalla voglia di vedere la tua bella faccia. Stagli lontano tu o dovrai vedertela con me, idiota.

Andrea si allontanò, ma solo dopo essersi rivolto a Romo:

- La prossima volta fatti difendere dalla mamma, che magari è più bella di questo coso.

Ma la calma tornò.

Andrea si spostò verso i tavolini, Romo tornò a sedersi nervoso, Gianni scompigliò i capelli al nostro protagonista e gli altri ragazzi commentarono la prepotenza di Andrea. Solo Mara taceva. Poi disse:

- Beh, io vado, devo finire alcune cose prima di partire.

- Allora ci vediamo … Ti accompagno … se ti va.

- Non fa niente, meglio di no, ho da fare.

- Dai che vengo anche io e ti aiuto.

- No, no lascia stare se mi vede mio padre poi … sai com’è.

- Solo un pezzo di strada.

- No, Romo, è meglio così! E se ne andò salutando appena.

Romo non aveva esperienza, a volte era alquanto ingenuo, e non capì che quello era un modo garbato per dire che non voleva più avere a che fare con lui.

E così passò un mese senza che Romo non pensasse ostinatamente a Mara. Messaggini, squilli, sebbene fosse all’estero, ma nessuna risposta. Arrivò l’ultimo giorno d’agosto e Romo era alla piazzetta con altri amici, conversando con Gianni e Martina dei loro viaggi interessanti. Il discorso poi cadde su Mara, che era amica di Martina:

- Sì l’ho sentita al telefono Romo, devi darle tempo, lei è... particolare, ci tiene a certe cose…

- Non capisco, cosa ho fatto?

- Ci è rimasta male perché pensa che tu prendi i soldi dagli altri per passare le soluzioni ai compiti in classe. È fuori dal suo mondo un comportamento simile.

- Ma neanche li ho presi, da nessuno, e ci ho rimesso solo io, sono proprio un bel pistola!

- Ma lei non vuole sentire scuse, gliel'ho detto anch'io, ma niente, è ostinata. Dalle tempo e vedrai.

In verità neanche Martina aveva parlato con Mara, la conosceva bene e sapeva che era inutile.

- Quando torna te lo ha detto?

- Dovrebbe tornare oggi, se non è già tornata.

- Dovrò trovare il modo di parlarle e di spiegarmi. Se no muoio con questo nodo in gola.

Mara era una ragazza sincera, dolce, ma decisa. Il no era no. Punto! Frequentava l’oratorio del quartiere, e credeva veramente in quello che faceva. Romoaldo le era piaciuto, anzi l’aveva proprio colpita, ma non poteva sopportare la disonestà, anche se minima. “Chi è fedele nel minimo lo è anche nel molto” era il suo evangelico pensiero in merito a queste cose. Era giovane e non aveva ancora visto quanta profondità c’è nelle sfumature, quanto di umano sussiste nel grigio. Ma è normale a quell’età.

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